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Antonio Aleo

Foreste della Sila


Non si può andare in Sila, il più antico Parco Nazionale della Calabria (e tra i primi 5 d'Italia) senza rimanere affascinati dalle immense foreste di pino nero (Pinus nigra e della sua sottospecie laricio) e dalle distese di bellissime faggete, oltre alla presenza di abeti, ontani, pecci, frassini, che costantemente incorniciano decine e decine di km di sentieri, strade e stradine e per quasi tutto il territorio del parco.

La sottospecie che rappresenta la foresta silana, è il pino laricio (Pinus nigra laricio); durante il ritiro dei ghiacciai, esemplari di pino nero, specie nordica insidiatasi a sud durante le varie ere glaciali, assunsero caratteristiche differenti per resistere al nuovo habitat e cambiamento climatico, evolvendosi nel tempo. la Sila è il parco con il nucleo più consistente in assoluto: ben 40.000 ettari di foreste di Pino laricio. L' immensità e la potenza di questi grandi alberi (quasi sfidanti degli Dei), toglie il fiato, ed è ritornando con i piedi per terra, che godremo dell'aria fresca e pulita delle immense foreste incantate, vero e proprio polmone della regione Calabria.

Il Pino laricio può anche raggiungere i 40-50 metri di altezza (spesso gli si attribuisce l'aggettivo di ''gigante calabrese'', come nella riserva dei Giganti di Fallistro, bosco di pino laricio con esemplari ultra centenari) ed è molto resistente ai cambiamenti climatici. E' distribuito nella fascia di altitudini che va dai 900 ai 1800 metri. Il tronco è più slanciato rispetto al pino nero, raggiungendo mediamente i 35 metri di altezza ma potenzialmente può superare anche i molto i 40–50 metri. Rispetto al pino nero, il legname fornito è di una qualità superiore. La pianta si presenta slanciata e con chioma a forma piramidale, specie da giovane; in età adulta la chioma assume una forma rotondeggiante o piatta negli esemplari ultra secolari, mentre il colore si tinge di un verde cupo, presenta una corteccia definitiva molto spessa che si screpola a placche. I rami sono brevi ed obliqui nelle giovani piantee a tratti quasi orizzontali e aperti nelle piante più vecchie.. Il Pino Laricio fu anticamente utilizzato soprattutto per ricavarne la "pece brutia", una sorta di colla, estratta attraverso delle incisioni sulla corteccia ed usata come sostanza aromatica e nella cosmesi. I pini della Sila sono famosissimi dappertutto. In passato romani, tedeschi, inglesi etc. hanno deturpato le foreste della Sila per la costruzione delle navi ed altri scopi bellici. I boschi della Sila sono anche dimora di leggende e racconti mistici, tra le quali spicca la storia di Silvano o Sileno, il figlio del fiume Crati nonché dio della foresta, al quale si consacrava la pece estratta dalle foreste dell'altopiano che veniva poi usata per calafatare le navi che solcavano l'antico Mediterraneo, bruciando armenti su altari decorati con rami di pino e abete, come ci ricorda Eliano nel II secolo d.C.. Nel parco si possono ammirare i cosiddetti “patriarchi vegetali”, circondati da muschi, licheni, erbe, felci, arbusti, rampicanti, policromi fiori e da una miriade di animali: veri e propri simboli di biodiversità e portatori di un particolare patrimonio genetico.

Alle quote più alte incontriamo invece in prevalenza il faggio e l'abete bianco, una conifera autoctona dell'Appennino, ma divenuta rara in gran parte della Penisola, il cui nobile portamento ricorda quasi un cedro del Libano. Sul monte Gariglione è presente la più grande foresta di faggi mista ad abeti di tutto il promontorio silano, con esemplari anche secolari, scampati alla deforestazione dei secoli scorsi. Le foreste di faggio ricoprono anche i crinali più alti dei monti della Sila, eliminando di fatto la presenza di praterie ad alta quota (che non raggiungono il limite massimo delle faggete, che con il clima calabrese è di 2000 metri).

Durante le mie escursioni nei sentieri immersi tra le foreste del Parco Nazionale della Sila, mi piace godere di tutte quelle sensazioni, che a secondo della stagione, del clima e del meteo, bosco, ed il suo sottobosco, regala. C'è da viaggiare mentalmente, quando in primavera, distese di ginestre fungono da tappeto agl'imponenti pini. In estate il verde brillante della vegetazione e degli alberi solitari costituiscono il perfetto contrappunto di colore alla grigia corteccia dei tronchi di pino, o del tronco liscio e chiaro del faggio, che accompagneranno, durante i limpidi cieli notturni, privi di ogni inquinamento luminoso, i nostri pensieri nelle più remote galassie.

Ma è in autunno ed in inverno, che la magia dei boschi della Sila, si anima nella più completa bellezza, tra i colori caldi e accesi delle distese dei faggi del monte Gariglione e del Soleo, e della vegetazioni del sottobosco; l'odore di terra bagnata, sembra di vivere un'altra dimensione; la fitta e spessa nebbia crea quel mood cupo e fantasy, che solo i boschi possono regalare. Luoghi di elfi e fate, di hobbit e nani, di streghe e magie, la Sila in autunno è tutto questo.

In Inverno la neve cade fitta, il suono del bosco diventa sordo, e si percepiscono esclusivamente gli scricchiolii dei rami, mentre il vapore che esce dalla mia bocca è l'unico compagno di avventure. E' durante questa stagione, che il Parco della Sila assume le sembianze di terra nordica, trasportandomi, con i suoi paesaggi innevati, nelle più remote terre della Lapponia e della Norvegia. E' capitato di ritrovarmi sommerso dalla neve in un breve lasso temporale, rendendo impossibile il tragitto senza l'utilizzo di ciaspole adeguate, ma la suggestione è ripagata dal paesaggio mozzafiato, che annulla ogni tipo di colore, ed assumendo un aspetto molto artistico con la sua scala tonale di grigi; un paesaggio disegnato a china, come le opere di artisti orientali di arte contemporanea. L' Inverno, è la mia seconda stagione preferita.

Incamminarsi tra i boschi silani, è sempre piacevole e meditativo, che siano faggete o boschi di pino; si è sempre accompagnati dal fascino malinconico di questi luoghi e dalla loro storia. Sembra quasi di rivivere alcuni momenti del passato, udire l presenza bizzantina, normanna, sveva, aragonese, borbonica, ecc. I boschi della sila sono impregnati di racconti e di ricordi. Il Parco della Sila, è la musa ispiratrice del mio subconscio.

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